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- Tipologia: mostra collettiva degli artisti di “Amici nell’Arte” APS di Garlenda
- Periodo: 7 > 22 ottobre 2023
- Location: ex-Chiesa Anglicana - via Adelasia 10 - Alassio (SV)
- Inaugurazione: sabato 7 ottobre 2023 ore 16,00
- Orario: tutti i giorni dalle ore 15,30 alle ore 19,30
L’Associazione “Amici nell’Arte” ASP ringrazia vivamente il Comune di Alassio per l’ospitalità offerta.
Senza fuoco ed esiliati sulla terra, gli uomini morivano nella disperazione e Prometeo, dolente per la sorte delle sue creature, decise di intervenire.
Con l’aiuto di Atena entrò nell’Olimpo, rubò il fuoco e lo portò loro, pur sapendo che la punizione di Zeus sarebbe stata lunga e spietata.
Questa non si fece attendere. Il re degli dèi fece incatenare Prometeo nudo sulla rupe più alta ed esposta alle intemperie della catena montuosa del Caucaso per farlo poi sprofondare nel Tartaro. Inviò poi un’aquila che gli squarciasse il petto per mangiarne il fegato, che ogni notte ricresceva per essere dilaniato di nuovo il giorno successivo.
Grande fu la sofferenza del Titano, che resisteva ai più atroci dolori pur di vedere rifiorire la vita degli uomini. Il fuoco creò una rivoluzione nella loro precaria esistenza. Con la luce poterono illuminare le loro caverne e con il calore scaldarsi, cuocere il cibo e difendersi dalle belve, ponendo fine così alla dura vita da nomadi per diventare agricoltori stanziali.
Il loro numero crebbe e tutto cambiò grazie al dono di una “scintilla” di fuoco.
Dopo una lunghissima sofferenza, si parla di migliaia di anni, finalmente Prometeo fu liberato grazie all’intervento di Ercole, che uccise l’aquila e spezzò le catene che lo imprigionavano.
Prometeo fu il dio trasgressore e benefattore che aveva rinunciato alla sua condizione privilegiata per amore dell’uomo, sua creatura. È un racconto di grande attualità, soprattutto ai giorni nostri, poiché molti sono gli esempi di persone che hanno sacrificato la propria vita per il bene altrui.
La storia del Titano Prometeo è assurta a metafora del sacrificio altruistico della propria vita. Riflettendo sul tema ci siamo resi conto che, non solo nel “mito”, ma anche nella “vita reale”, vi sono stati, e ancora vi sono, numerosi esempi di persone che hanno donato la propria esistenza per raggiungere un ideale. Citiamo, ad esempio, gli scienziati e Premi Nobel Pierre e Marie Curie, scopritori del radio e del polonio, le cui radiazioni, correttamente incanalate, costituirono una rivoluzione in campo medico e chirurgico.
In campo etico-religioso emerge la figura della Santa Madre Teresa di Calcutta, Nobel per la Pace, che sacrificò tutta la sua vita a favore dei più poveri e malati.
In ambito medico emerge la figura del dottore, filosofo e Premio Nobel per la Pace Albert Schweitzer, il quale si dedicò a migliorare le condizioni dei lebbrosi in Africa. Per questi, nel 1953, coi proventi del Nobel costruì il Village Lumière, nel Gabon.
L’elenco è ricco e lungo e ci piace fra questi citare anche le figure di Gandhi, Buddha e Gesù, che, per i credenti, rappresenta il supremo sacrificio della vita per salvare l’Uomo dal peccato.
Oltre a questi importanti personaggi, vi sono poi quelli che abbiamo definito come “gli altri”, e sono tutte quelle persone “anonime” che, pur non essendo state insignite di premi e di Nobel, hanno compiuto episodi di profondo altruismo ed estremo coraggio, salvando vite umane a costo della propria, come i Vigili del Fuoco, i numerosi volontari delle varie Associazioni, i medici e gli infermieri, che hanno perso la vita in corsia, impegnati a curare il Covid-19, e quei soldati e quei popoli che, pur restando senza casa, senz’acqua, luce, fuoco e cibo, continuano a combattere, incuranti di se stessi, pur di riconquistare la propria libertà…
Di essi non abbiamo notizie particolarmente dettagliate, ma senza dubbio ci hanno fornito fulgidi esempi di altruismo e generosità. E di questo siamo loro grati…
Ecco perché siamo fermamente convinti che il tema prescelto quest’anno non sia per nulla banale, antiquato o anacronistico, ma implicito nella odierna condizione umana che si sta facendo sempre più difficile.
Oggi siamo abituati a un sapere a compartimenti stagni, in cui lo scienziato non parla con il filosofo; arte, scienza, poesia, politica, sono cose ben diverse.
Nel mondo antico c’era un’unica forma di conoscenza, il Mito, un sapere “sincretico” (cioè, che fonde vari aspetti tra loro). Il mito era spiegazione dell’origine del mondo, del comportamento umano, lezione di etica. Era anche una forma di divertimento, i popoli si riunivano intorno al fuoco e si raccontavano i loro miti. Era un racconto di identità, perché ognuno si riconosceva in essi. Dal mito nascono la poesia e la letteratura: il primo mito scritto che abbiamo ritrovato è “Gilgamesh”, nell’area mesopotamica. Secondo la mitologia greca all’inizio di tutto c’è il Caos (che lo studioso J.P. Vernant traduce anche come voragine). Dal caos nasce Gea, la madre terra (quindi una divinità femminile), e da Gea Eros la forza che dà origine alla vita, che non va inteso come l’amore di Platone, né come “l’amor che move il sole e le altre stelle” di Dante; è una forza bruta, selvaggia, indomabile: è la volontà di Nietzsche, lo slancio vitale di Bergson, la Libido di Freud o, meglio ancora, il Desiderio di Lacan. Quindi dal caos si va verso l’ordine, verso la vita: è il processo del diventare uomini, uscire dal corpo della madre per diventare persone distinte da lei e quindi adulti. È quello che Margaret Mahler [1] chiama “processo di separazione-individuazione”, cioè la crescita psichica dell’individuo, quella che Jung chiama “Funzione trascendente”, ovvero la progressiva integrazione dei contenuti dell’inconscio nella coscienza. Il fallimento del processo di separazione-individuazione porta la nevrosi. Il fallimento della Funzione trascendente la follia. Ma nel mondo antico del mito l’ordine non è ancora a punto. Dei, uomini, giganti, ciclopi, cento braccia e mille altre creature, convivono, bisogna separarle. Zeus incarica Prometeo (“colui che guarda avanti”, o anche “colui che capisce prima”) di farlo. Prometeo sacrifica un bue, lo fa a pezzi e poi confeziona un pacco molto bello a vedersi con dentro le ossa, e uno brutto con la carne (in breve, fa il primo “pacco” della storia. Primo messaggio del Mito: mai fidarsi delle apparenze). Zeus sceglie le ossa, e lascia agli uomini la carne. Domanda: ma Zeus, che essendo dio sa tutto, non sapeva che sarebbe stato ingannato? Si, ma per i greci non esiste libero arbitrio. Tutti, uomini e dei, sono succubi di una divinità più forte, Ananke, la necessità, il destino. Ancora oggi in psicopatologia si chiama “anancasmo” il sintomo della depressione in cui la persona si sente vittima di un destino segnato, ed ogni sua azione sarà votata al fallimento (per esempio, ho avuto due esperienze sentimentali negative, quindi potrò avere solo esperienze negative, quindi meglio evitarle). Ma esiste davvero il libero arbitrio? Le moderne neuroscienze tendono a dire di no: qualsiasi decisione che prendiamo è presa inconsciamente, un quarto di secondo prima che arrivi alla coscienza, come dimostra la risonanza magnetica, e l’inconscio non procede razionalmente ma sulla base di emozioni, pregiudizi (non necessariamente negativi: lo psicologo per es. pensa che non esistano casi incurabili), errori cognitivi (vedi l’incapacità di usare la statistica che illude i giocatori del lotto). Approfitto del discorso sulle neuroscienze per smontare ancora una volta la leggenda per cui noi usiamo solo una minima parte del cervello: se fosse così esso marcirebbe (provate a stare un mese senza usare un braccio e poi sappiatemi dire). Il dato reale è che fino a una ventina di anni fa non si conosceva per certo la funzione di molte aree cerebrali; oggi abbiamo tutta la mappatura del cervello, ma è un’informazione che gira solo tra addetti ai lavori. Torniamo a Prometeo: in realtà è Zeus a ingannarlo: gli dèi sono immortali, non hanno bisogno di cibo. Mentre gli uomini, ora che hanno la carne, dovranno imparare a cucinarla. Quindi Zeus ha messo gli uomini in condizione di inferiorità: sarà ancora Prometeo, rubandogli il fuoco, a dare all’umanità la conoscenza, la tecnica. Gli uomini adesso sono adulti, possono fare da sé; ma lo devono fare guadagnandosi la vita con la propria fatica (così come nel mito di Adamo ed Eva: dopo aver assaggiato il frutto della conoscenza sono uomini, non più bambini, ma devono lavorare e partorire). Zeus si vendica, e condanna Prometeo ad avere il fegato divorato da un’aquila. Qui il mito anticipa Freud di duemila anni, scoprendo il rapporto tra corpo e psiche e le malattie psicosomatiche. Corpo e psiche sono indissolubili. Ogni evento mentale, affetto, emozione, pensiero, è correlato all’emissione di una sostanza chimica, che si chiama “neurotrasmettitore”: adrenalina, serotonina, ossitocina, per cui l’alterazione psichica provoca anche quella fisica. Il nevrotico, il depresso, ruminano pensieri ossessivi continuamente, e questo dispendio di energia psichica abbatte anche il corpo. La paura comporta un maggiore attivazione psichica, quindi un aumento degli zuccheri, dei succhi gastrici, e quindi un danneggiamento al fegato. E questi sono solo alcuni esempi. Ma possiamo dire che l’intelligenza genera nevrosi? Generalmente i nevrotici sono persone intelligenti. Gli psicotici si incontrano sempre agli estremi, o molto intelligenti o ritardati. Al contrario gli psicopatici violenti spesso sono poco intelligenti. Prometeo sarà perdonato, ma la vendetta di Zeus contro gli uomini sarà ancora più terribile. Dovete sapere che secondo il mito greco i primi uomini erano solo uomini, cioè tutti maschi. I greci erano terribilmente maschilisti (non che poi le cose siano cambiate molto), poiché non comprendevano il ruolo della donna nella fecondazione, non conoscevano l’esistenza delle ovaie; per cui pensavano che la donna facesse solo da contenitore (al contrario dei popoli più primitivi, che non conoscevano il ruolo del maschio nella fecondazione, per cui avevano società matriarcali; per i Na della Cina orientale è ancora così). Potremmo dire che il paradiso terrestre è una rappresentazione dell’infanzia, in cui non ci sono necessità, non si lavora, gli dèi (i genitori) pensano a tutto, e si sta tra noi, senza femminucce a rompere le scatole. Ma non si può non diventare adulti, quale che sia il prezzo da pagare. Prometeo ha un fratello scemo, Epimeteo (“colui che guarda indietro” o “colui che capisce dopo”, se vogliamo è la nascita del bipolarismo conservatori / progressisti), Prometeo lo invita a non accettare doni dagli dèi (e anche questo mostra come il mito torni sempre alla natura dualistica della realtà: un dono degli dei è anche una maledizione? Pensiamo al libro “Il dramma del bambino dotato”). Il dono è Pandora, una creatura bellissima, ma che parla una lingua diversa, incomprensibile. È vero che uomini è donne non si capiscono, Lacan ha parlato addirittura di “impossibilità del rapporto sessuale”, a proposito della difficoltà dei due a diventare uno. Molti libri, anche buffi, sono stati scritti sulle difficoltà di comprensione tra uomini e donne. Pare generalmente che le donne abbiano un linguaggio più metaforico, allusivo, i maschi più diretto. Gli uomini non amano parlare di sé (a meno che non siano molto narcisisti), e sono meno propensi all’autoanalisi. Le donne sono molto più competitive e tendono a scatenare la competitività degli uomini, ottenendo gli effetti opposti a quelli desiderati. Gli uomini sono più attenti al linguaggio non verbale: prossimità, attenzione, contatto fisico, spesso fraintendendolo, confondendo con disponibilità sessuale la semplice gentilezza. Sheldon J. Korchin, a proposito del linguaggio del corpo faceva un’interessante osservazione: a lui, americano, il normale comportamento di due amici italiani pareva quello di una coppia gay, mentre quello di padre e figlio norvegesi quello di due estranei. Ho letto di una ricerca che riportava alcune differenze tra uomini e donne americani, tedeschi e coreani. Per tutti loro per un uomo temibile come rivale è un uomo più ricco, ma per i tedeschi anche un uomo più gentile. Per le donne la rivale è quella più bella, ma le coreane temono anche una donna più forte fisicamente. Spesso però queste ricerche lasciano il tempo che trovano. Per divertimento ne cito sempre una che ha dimostrato che un conferenziere guarda soprattutto persone attraenti di sesso opposto. Chi l’avrebbe mai detto.
[1] La personalità di Margaret Mahler è degna di interesse. I colleghi la descrivevano come una donna di una bellezza sconvolgente. Eppure, soffrì per gran parte della sua vita di un terribile complesso di inferiorità, che si manifestava nell’impossibilità di guardarsi allo specchio. L’origine del suo complesso pare fosse dovuta al fatto che, studentessa prodigio fin da piccola, era stata l’unica ragazza ebrea e borghese ammessa in un prestigioso liceo dove erano tutti maschi ricchi e “ariani”. Da ciò derivava quel sentimento di esclusione destinato a ripetersi quando, entrata nel mondo della psicoanalisi, fu il primo membro del club che non aveva fatto l’analisi didattica con Freud in persona ma col suo allievo Ferenczi. Ci vollero molti anni di successi clinici e teorici perché Margaret, che è stata una dei maggiori studiosi del rapporto madre-bambino, iniziasse ad accettarsi finché, una volta anziana, dopo aver ricevuto un importante riconoscimento culturale, riuscì finalmente a guardarsi allo specchio.
OPERE
Artisti partecipanti alla mostra
Walter ACCIGLIARO - Maidè AICARDI - Cesare BOTTO - Pietrina CAU - Annamaria GIRAUDO - Sergio GIUSTO - Guro HÅKENSEN - Domen LO - Rudy MASCHERETTI - Véronique MASSENET - Pascal MCLEE - Constantin NEACSU - Maria Fausta PANSERA - Francesco PELLICANÒ - Ylli PLAKA - Franco RAVERA - Silvio ROSSO - Claudio SIGNANINI - Carmen SPIGNO - Luisa TINAZZI
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CATALOGO
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