di Alfredo Sgarlato
Lezione 7
Oggi vedremo come vari artisti, di epoche differenti, hanno provato a rappresentare emozioni e stati d’animo, non con l’occhio dell’esperto d’arte, che non sono, ma del comportamento.
Iniziamo con un’opera molto nota, il “Viandante in un mare di nebbia »”, di Caspar David Friedrich; qui notiamo come, benché si tratti probabilmente di un autoritratto, il pittore si ritrae piccolo e di spalle, preso dalla contemplazione della natura. Qui il personaggio sperimenta il sentimento del “sublime”, qualcosa che per i Romantici andava oltre il “bello”. Il bello era, per loro, ciò che suscita forti emozioni (quindi anche la paura: “Frankenstein” è il capolavoro della letteratura romantica), il sublime è qualcosa di infinitamente grande, al confronto del quale ci sentiamo piccoli, la natura, la tempesta, il senso dell’infinito (vedi Kant e Leopardi).
Ora vediamo un “Autoritratto »” totalmente diverso, quello di Albrecht Dürer, che si ritrae somigliante a Cristo, artista rinascimentale sicuro di sé e delle proprie capacità; ma Dürer ci interessa per un’opera che ha fatto scuola: “Melancholia »”. Di quest’opera potremmo parlare giornate intere: notiamo un paio di cose: un cane, simbolo di fedeltà (oltre alla presenza di molti simboli…), quasi a dire che alla malinconia si è per sempre fedeli, e la posizione della mano appoggiata al volto, che diventa la classica rappresentazione della malinconia: vedi il più famoso ritratto di un malinconico “Il Dottor Gachet »” di Van Gogh, come notoriamente malinconico era l’autore, o “Il giovane apprendista »” di Modigliani.
Pittore della malinconia per eccellenza è Munch, di cui vi risparmio “L’urlo”, stra-abusato, ma vediamo varie opere in cui affronta il tema. Munch fu uomo veramente infelice, con casi di follia e morte precoce in famiglia, e tutto ciò appare nei suoi lavori.
Vediamo anche un’opera di De Chirico sul tema della malinconia, ma ne ho trovato anche una sulla felicità e non mi appaiono molto diverse. Un altro sentimento che Munch ritrasse più volte è la gelosia, a cui dedicò ben tredici quadri. In tutte queste opere, e in altre che ho trovato sul tema la gelosia è mostrata con la presenza di tre persone, di cui una isolata o sullo sfondo.
Mi colpisce questo dipinto di Robert Lenkiewicz (pittore inglese di fine ‘900 che ha meditato sui taboo sociali), in cui vediamo una donna con un uomo deforme: la gelosia trasforma le persone in mostri. L’autore vede la gelosia come dipendenza e tratto ossessivo.
Nelle opere di Munch si respira anche un’aria di solitudine, ma il pittore della solitudine per eccellenza è l’americano Hopper, poco apprezzato in vita ma oggi finalmente riscoperto. Le sue figure appaiono sole anche quando sono in compagnia, come nel celeberrimo “Nighthawks” o in questo intitolato sardonicamente “Le consolazioni della filosofia”. Ma in realtà i suoi personaggi non sono mai del tutto soli: c’è sempre un raggio di luce a illuminarli, presenza dell’Altro. Nel suo ultimo dipinto “Two clowns”, Hopper ritrae sé stesso e la moglie (anch’ella pittrice), come due pagliacci, come se volesse dirci: non prendete noi artisti sul serio, siamo qui solo per divertirvi.
Per caso ho trovato in rete un quadro molto bello: “Saudade »” di Josè Ferraz de Almeida, ed ho pensato di cercarne altri sul tema nostalgia. Quelli che ho trovato sono davvero enigmatici, di Magritte e Klee: penso che potremmo dire tutto e il contrario di tutto, sono un’opera surrealista ed una astratta che potremmo interpretare solo se avessimo avuto l’autore in analisi; peraltro gli artisti odiano essere interpretati.
Per concludere un capolavoro di Toulouse Lautrec che racchiude molti temi trattati oggi e in lezioni precedenti: “Absinthe drinker »”, in cui vediamo personaggi soli, malinconici e dediti all’abuso di sostanze.